La processione di Gesù Morto ancor oggi è la cerimonia religiosa più partecipata dal popolo. L’origine si perde nei primi secoli di vita della Chiesa beneventana, a rappresentare in maniera drammatica la rievocazione della morte di Gesù.
L’evento ha luogo il pomeriggio-sera-notte del venerdì. Dopo la messa in coena Domini del Giovedì Santo, si aprivano i “sepolcri”: fantasiose composizioni realizzate con piantine di grano o di lupini “vegetalizzate al buio” integrate da segature e fiori colorati a formare scenografici tappeti (famosi quelli della chiesa del Ss. Salvatore e quelli della Cappella del Collegio La Salle). Legati i batacchi delle campane per non farle suonare neanche a causa di colpi di vento, il venerdì era la giornata “centrale” del silenzio. Sul pomeriggio si organizzava la processione. Oggi la Madonna addolorata incontra Gesù Morto lungo il cammino ed “entra” nella processione. Non c’è più il distacco di una volta, la separazione delle due fasi con la sottolineatura della diversità, dietro Gesù solo il popolo maschile, dietro l’Addolorata solo le donne.
Più anticamente e fino ai primi anni del 1900 le due processioni erano distanziate perché procedevano con itinerari diversi.
La processione di Gesù rendeva conto del dolore del popolo, durava tutta la notte serpeggiando per le stradine della città. La Madonna vestita di nero, il colore del dolore, andava alla ricerca del Figlio. Questa duplice rincorsa finiva in piazza Orsini allorché la Madonna poteva finalmente vedere il corpo immobile del Figlio suo. Il manto della Madonna liberava bianchi colombi quasi a preconizzare la Resurrezione. Questa scena avveniva a mezzogiorno, cosicché lo “scioglimento delle campane” annunciava l’ultimo atto della settimana santa, la Resurrezione da celebrare all’alba dell’indomani.
Il suono di tutte le campane di tutte le chiese di tutti i paesi dettava il cambiamento: non più il dolore per la morte, ma la gioia per la Resurrezione. In termini più “materiali”, lo scioglimento delle campane corrispondeva anche all’apertura delle credenze e l’assaggio di tortani, taralli, casatielli, biscotti vari che ogni famiglia aveva preparato dando lavoro ai fornai fin dal pomeriggio del mercoledì. Niente pastiera, rigorosamente annessa al pranzo pasquale.
Don Giovanni Giordano raccontò che l’incontro a piazza Orsini fu abrogato dopo che nell’assembramento provocato dal mescolamento dei due “popoli” (il maschile e il femminile) si era verificato un “increscioso” toccamento e un marito aveva vendicato l’onore oltraggiato della moglie con una coltellata.
Mario Pedicini