Il cardinale Vincenzo Maria Orsini è stato arcivescovo di Benevento dal 1686 fino alla morte, avvenuta nel 1730. Nel 1724 salì al soglio di Pietro, diventando Papa con il nome di Benedetto XIII. Nonostante fosse il vescovo di Roma, in quanto Papa, non rinunciò anche alla titolarità della diocesi beneventana. Solo in due occasioni riuscì a ritornare a Benevento, la prima volta nel 1727, la seconda due anni dopo. In quel 1727 il suo viaggio coincise con il periodo pasquale che egli dunque trascorse a Benevento.
Il Papa partì da Roma il 24 marzo e il suo viaggio durò ben 10 giorni. Numerose furono le soste che fece lungo il tragitto. Giunse a Benevento il 2 aprile e vi rimase per quaranta giorni. Fu un soggiorno denso di impegni, pieno di cerimonie religiose ma anche di tante visite. La prima domenica che trascorse in città era quella delle Palme. Nel pomeriggio il Papa ricevette mons. Vincenzo Antonio Alemanni Nasi, Nunzio Apostolico del Regno di Napoli, che omaggiò l’Orsini di “una gran Palma di seta con una bandiera coll’armi di Nostro Signore, quale ha fatta porre dietro la Croce dell’Altare maggiore con piedistallo indorato”.
La mattina del Giovedì Santo il Papa tenne la Santa Messa del Crisma. Nell’occasione il Papa consacrò l’olio che sarebbe stato usato nel corso dell’anno liturgico: l’olio del crisma, che si usava per le cresime e le ordinazioni di presbiteri e vescovi, l’olio dei catecumeni per i battesimi e l’olio degli infermi, usato anche per le estreme unzioni.
Il Venerdì Santo, dopo le consuete funzioni religiose, si svolse, nel tardo pomeriggio, la processione di Cristo Morto. In questa processione svolgeva un ruolo particolare la Confraternita del SS. Sacramento, la quale aveva ricevuto nel 1605, da Papa Paolo V, il privilegio di poter liberare, il giorno del Venerdì Santo, un condannato a morte. Anche quell’anno la processione giunse fino alle carceri, che erano collocate nella Rocca dei Rettori e fu scelto “un tale chiamato Niccolò Ingagno condennato di vita per un barbaro omicidio dal medesimo commesso”. L’omicida fu portato al Duomo, dove, al cospetto del crocefisso che era nella Cappella della Confraternita, ricevette la grazia dal Papa.
La domenica di Pasqua il Papa la passò quasi tutta nella Cattedrale, impegnato tra funzioni, prediche e sermoni. Riporta l’anonimo cronista che “nelle sue prediche poi, e Sermoni si dimostra affezionatissimo del Popolo Beneventano, ripetendo sempre le seguenti parole: Popolo mio io ti ho sempre amato, e servito per lo spazio di anni 38, e più non dubitare, che mai t’abbandonerò. Anzi se ne dimostra tanto affezionato, che non può volendo taluno, non piangere per tenerezza, vedendo l’amore d’un Padre, che non sperava mai più vederlo in questa Città”. Il giorno dopo, lunedì in albis, tenne nella Cattedrale la cerimonia di ordinazione di monsignor Maffeo Nicolò Farsetti quale arcivescovo di Ravenna. Fu una cerimonia lunga e complessa, che è rimasta immortalata da una grande tela dell’artista riminese Giovan Francesco Buonamici.
Il 15 aprile, martedì in albis, fu invece una giornata interamente dedicata alla chiesa San Filippo, da lui fatta edificare. La mattina il Papa uscì da una porticina nei pressi della calata Olivella e, percorrendo a piedi l’attuale via San Filippo, si portò alla nuova chiesa. Come ci ricorda una lapide tuttora presente nella chiesa, fece la cerimonia di benedizione dell’altare maggiore e delle croci. Fece ritorno al palazzo arcivescovile dove, dal balcone, uscì più volte a benedire la folla che era lì per vederlo. Nel pomeriggio, ripercorrendo la stessa strada, ritornò in chiesa per effettuare una nuova benedizione: una statua di San Filippo Neri, in argento, donata dal Capitolo Metropolitano e lì trasportata poche ore prima.
Dopo il periodo pasquale, il Papa rimase in città fino alla metà di maggio di quel 1727, prima di tornare a Roma. Di sicuro quella fu l’ultima volta che un Papa trascorse la Pasqua nella nostra città.
Francesco Morante